Il termine fercolo viene dal latino fero-cultum, e significa portare per il culto. La diocesi di Catania e quella più ricca di queste macchine processionali chiamate in dialetto "vara" che artisticamente rendono ogni festa patronale espressione di fede e di arte.
E tutti a Licodia conoscono la vara, che serve al trasporto del simulacro di san Giuseppe, per le vie del paese nei giorni della festa. Si tratta di una elaborata macchina lignea intagliata in mecca indorata, in puro stile barocco.

Essa fu ideata e costruita nel settecento, da maestranze locali, e fino al 1960 veniva trasportata a spalla, mentre adesso è trainata dai devoti. Ha forma di un tempietto, sostenuto da sei colonne scanalate, sormontate da capitelli in stile corinzio con sei archi a tutto sesto che sorreggono una trabeazione sormontata da un cupolino di ispirazione orientale integolato da intagli decorativi di varia forma e da foglie e fiori. In cima al cupolino una corona poggiante su una semisfera dove sono inserite la croce e incrociati un giglio e una palma. Dagli archi pendono cinque vasi porta fiori di metallo indorato di antica forgia. Vari sono gli elementi decorativi, tra cui gironi, fiori, foglie intrecciati con panneggi. Lungo i bordi del cupolino dodici colombe lignee reggono col becco dei festoni con foglie e panneggi avviluppati. All'interno del fercolo due cassettoni con le raffigurazioni dello Spirito Santo, e il triangolo della SS. Trinità. Dietro la statua un bello scrigno con decorazioni e conchiglie. Il simulacro di san Giuseppe, veniva portato in processione, anche su un altro fercolo, tuttora esistente, conservato nel palazzo della famiglia Bruno, la quale quando si occupava dei festeggiamenti, si curava di fare uscire il Santo in processione sul proprio fercolo. Di questo fercolo si hanno poche notizie,

si dice che sia più antico dell'attuale fercolo, e sia più piccolo e invece di avere gli archi a tutto sesto è composto ad architrave.