Il simulacro di San GiuseppeIl venerato simulacro di san Giuseppe, di cui tutti i licodiesi posseggono un immagine, può essere benissimo considerato come un assemblaggio di pezzi di varie statue.
Infatti il corpo originale proverrebbe da un cinquecentesco S. Elia o S. Bernardo, mentre la testa è di epoca posteriore, e anche il Bambino dalla eccentrica forma corporea ritorta e che è rappresentato completamente nudo, proverrebbe da un'altra statua. In base alla posa del Santo, raffigurato come se camminasse, si è avanzata l'ipotesi che appartenesse ad un gruppo scultoreo raffigurante la fuga in Egitto, ma è solo un ipotesi. In base all'analisi stilistica, si precisa il periodo di fattura della statua, che si può datare al secolo XVII. Ed esso è una rarità poiché, come già accennato i simulacri di epoca barocca portano il Bambino per mano, mentre il nostro lo regge in braccio.

Apertura della camerettaPer tutto l'anno il simulacro di san Giuseppe viene custodito all'interno di una nicchia, sul lato sinistro della cappella Le porte della camerettadel SS. Sacramento, chiamata "cameretta di san Giuseppe".L'usanza di nascondere i simulacri e le sacre reliquie dei santi patroni è una tradizione molto diffusa nella terra di Sicilia, essa prelude, oltre a proteggerle da eventuali furti sacrileghi, anche a "custodire la santità", ossia a serbare e proteggere questi grandi esempi di vita, cercando di imitarli nella nostra esistenza. Detta cappella viene chiusa da una bella porta lignea intagliata del secolo XVII - XVIII, forse un ex retablo spagnolo o proveniente da una macchina lignea.

Il termine fercolo viene dal latino fero-cultum, e significa portare per il culto. La diocesi di Catania e quella più ricca di queste macchine processionali chiamate in dialetto "vara" che artisticamente rendono ogni festa patronale espressione di fede e di arte.
E tutti a Licodia conoscono la vara, che serve al trasporto del simulacro di san Giuseppe, per le vie del paese nei giorni della festa. Si tratta di una elaborata macchina lignea intagliata in mecca indorata, in puro stile barocco.

Il canto dei classici inni in onore di san Giuseppe è una antica tradizione che viene eseguita durante la settina e il triduo. L'idea di realizzarli musicati dalla banda è stata di alcuni parrocchiani, che si sono impegnati a farle scrivere.

Andrea Condurso, è un poeta cittadino licodiese, che per diletto e devozione dedica ogni anno un sonetto al Santo Patrono. Di questi, in seguito, ne sono riportate due: